Nei nostri articoli abbiamo più volte fatto riferimento ai rischi microclimatici lavorativi, dove il microclima è – come ricordato sul sito del Portale Agenti Fisici – quel complesso di parametri ambientali che “caratterizzano localmente l’ambiente in cui l’individuo vive e lavora e che congiuntamente a parametri individuali quali l’attività̀ metabolica correlata al compito lavorativo, la resistenza termica del vestiario determinata dalle caratteristiche dell’abbigliamento indossato, condizionano gli scambi termici tra soggetto e ambiente circostante”. E abbiamo anche ricordato come gli ambienti termici vengano generalmente distinti generalmente in ambienti moderati e severi (caldi o freddi).
In quelli moderati “l’obiettivo da perseguire è il raggiungimento di una condizione di comfort, non essendo presente in genere, in questa tipologia di ambienti, un vincolo dettato da esigenze produttive tali da impedire un intervento di carattere tecnico, organizzativo o procedurale che possa rendere l’ambiente termico confortevole ai fini dell’espletamento delle attività ivi svolte”. Mentre negli ambienti severi “esiste di solito un vincolo legato alle necessità produttive o alle condizioni ambientali che non consente di poter conseguire le condizioni di comfort”.
In tal caso, l’obiettivo da porsi è la “salvaguardia della sicurezza e della salute dei lavoratori, il cui sistema di termoregolazione può essere sollecitato in maniera significativa nel tentativo di mantenere la temperatura centrale nei limiti fisiologici”.
L’intervento “Fisiopatologia della termoregolazione in ambienti caldi e freddi e cenni di sorveglianza sanitaria”, a cura di Vincenzo Molinaro ( Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale – Laboratorio di ergonomia e fisiologia) ribadisce che negli ambienti severi, così come negli ambienti moderati in condizioni esterne agli intervalli di applicabilità dell’indice PMV/PPD, è necessario tenere conto dei rischi legati all’esposizione di soggetti particolarmente sensibili, “caratterizzati da una alterata capacità di termoregolazione fisiologica:
• donne in gravidanza;
• soggetti affetti da patologie preesistenti che possono alterare la percezione termica, quali ad esempio patologie dell’apparato cardiocircolatorio o del sistema endocrino”;
• soggetti che seguono “trattamenti farmacologici che influiscono sul sistema di termoregolazione”.
Ad esempio, si sofferma sulle donne in gravidanza.
Il relatore indica che in gravidanza “l’organismo femminile va incontro ad una serie di cambiamenti fisiologici: l’aumento del volume del sangue materno per un adeguato flusso sanguigno alla placenta, richiede una sufficiente idratazione. Il caldo può essere causa di disidratazione, con la perdita, attraverso la sudorazione, di liquidi e sali minerali, preziosi per l’equilibrio materno-fetale”.
I soggetti sensibili al rischio microclimatico: persone con malattie croniche
L’intervento si sofferma poi sulle persone con malattie croniche.
Ad esempio le persone ipertese e cardiopatiche.
Indica che “i soggetti ipertesi e cardiopatici sono particolarmente sensibili agli effetti negativi del caldo e del freddo e, in particolare, possono manifestare episodi di abbassamento della pressione arteriosa che possono causare anche perdita di coscienza in ambienti caldi o crisi ipertensive al freddo. In caso di esposizione lavorativa ad ambienti severi bisogna quindi tener conto di un’eventuale modifica del dosaggio farmacologico, sotto controllo medico”.
Bisogna tener conto anche delle persone con diabete.
Infatti nei diabetici “si verifica una globale alterazione nella reattività microvascolare, con conseguente ridotta vasodilatazione al caldo e ridotta vasocostrizione al freddo, condizioni esacerbate nei soggetti affetti da neuropatia periferica, i quali sembrano essere ancora più suscettibili all’esposizione a temperature ambientali estreme, che richiederebbero una rapida e valida attivazione dei meccanismi termoregolatori”. Ne consegue, “in un caso, una minore dispersione termica con rischio di incremento della temperatura centrale e il manifestarsi di patologie correlate all’esposizione ad alte temperature, tanto più se l’attività lavorativa dovesse comportare un elevato dispendio energetico, dall’altro un’eccessiva perdita periferica di calore con decremento della temperatura centrale”.
L’intervento si sofferma anche sulle:
• persone con insufficienza renale e/o dializzate: “i soggetti con grave insufficienza renale o dializzati sono maggiormente a rischio poiché, soprattutto nel caso di nefropatia diabetica, è riportata in letteratura una frequente associazione con ipertensione arteriosa e malattie cardiovascolari ad alta mortalità”;
• persone affette da disturbi psichici: “le persone che soffrono di disturbi psichici possono essere più vulnerabili perché a causa del loro minore grado di consapevolezza del rischio possono assumere comportamenti inadeguati. Inoltre, questo gruppo di persone fa abituale uso di farmaci e ciò può aggravare gli effetti indotti dall’esposizione a temperature severe”.
I soggetti sensibili al rischio microclimatico: trattamenti farmacologici
Infine l’intervento si sofferma anche sulle persone che assumono regolarmente alcuni tipi di farmaci.
Si segnala che alcuni farmaci “possono favorire disturbi causati da ambienti severi, perché interferiscono con i meccanismi della termoregolazione o perché influenzano lo stato di idratazione del soggetto. Ad esempio i farmaci assunti per:
• ipertensione e malattie cardiovascolari
• disturbi della coagulazione
• malattie neurologiche
• malattie psichiatriche
• disturbi della tiroide
• malattie respiratorie croniche”. Fonte: Punto Sicuro