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8 Luglio 2022

FORMAZIONE E FUTURI ACCORDI: INDISCREZIONI, TEMPI, NOVITÀ E FORMAZIONE A DISTANZA

Quando arriverà l’Accordo unico in materia di formazione? Quali sono le divergenze? Quali sono le novità per addestramento e datori di lavoro? Quale sarà il futuro della formazione in presenza e a distanza? Ne parliamo con l’avvocato Lorenzo Fantini.

Il 30 giugno 2022 è passato e, come ampiamente prevedibile, non è stato approvato, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, alcun nuovo Accordo unico in materia di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro (SSL).

Stiamo parlando del termine (30 giugno 2022) contenuto nell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 – come modificato dal DL 146/2021 e dalla legge di conversione n. 215/2021 – per accorparerivisitare e modificare gli accordi attuativi del Testo Unico in materia di formazione, “in modo da garantire:

  1. l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
  2. l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa”.

In questa fase, un po’ confusa, di ritardi e anche di confronti serrati sul tema formazione, pensiamo sia utile provare a fare un po’ di chiarezza, raccogliendo indiscrezioni sui temi che si si stanno discutendo, sulle differenti opinioni e sui tempi possibili dell’ Accordo unico.

E in relazione all’ importanza della formazione per la prevenzione di infortuni e malattia professionali, che appaiono in aumento, crediamo sia importante parlare anche di formazione di qualità, perché solo una formazione qualitativamente valida può essere efficace nel tutelare salute e sicurezza.

Per affrontare questi temi abbiamo scelto di intervistare l’avvocato Lorenzo Fantini, consulente, formatore e, per lungo tempo, dirigente della Divisione Salute e Sicurezza del Ministero del lavoro. Chi meglio di lui può comprendere, pur dall’esterno, cosa sta accadendo nei tavoli istituzionali e cosa ci aspetterà più avanti in materia di formazione in presenza, formazione sincrona e formazione asincrona?

Essendo i temi molto rilevanti, l’intervista è durata più del previsto e abbiamo deciso di dividerla in due parti:

  • la prima parte riguarda in particolare l’Accordo atteso e le tante novità normative in materia di formazione,
  • la seconda parte, che pubblicheremo nei prossimi giorni, accenna anche alle criticità e alla qualità della formazione secondo il parere competente di Lorenzo Fantini.

In relazione all’atteso Accordo unico in materia di formazione alla sicurezza, quali sono i temi che sono stati affrontati nei tavoli tecnici? Quali le differenze e quali i punti in comune tra le varie parti?

Quali sono le cause che hanno portato al non rispetto della data del 30 giugno 2022? Quanto si dovrà ancora aspettare per arrivare all’Accordo unico?

Quali sono le più importanti novità normative in materia di formazione e addestramento? Quali potrebbero essere le indicazioni che darà l’Accordo unico sulla formazione del datore di lavoro e del preposto?

È importante l’equiparazione tra formazione in sincrono e formazione in presenza?

C’è la possibilità che la formazione in sincrono possa ridurre gli spazi della formazione asincrona? Un buon percorso formativo, laddove qualitativamente valido, può essere efficace indipendentemente dalla modalità di formazione scelta?

L’intervista video è stata realizzata a distanza, tramite piattaforma, il primo luglio e, come sempre, diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzarla integralmente e/o di leggerne una quasi completa trascrizione (in questo caso della sola prima parte).

Questi gli argomenti trattati nell’intervista a Lorenzo Fantini:

Accordo Unico: di cosa si discute? Quali le differenze? Quando sarà approvato?

In questi mesi si è parlato molto di formazione, nei vari tavoli tecnici istituzionali, per definire il testo del futuro Accordo Unico che sarà approvato oltre i termini temporali indicati nel DL 146/2021Malgrado tu non sia più al Ministero del lavoro immagino che qualche eco di queste discussioni ti sia arrivata.

Quali sono i temi che sono stati affrontati? Quali le differenze e quali i punti in comune tra le varie parti?

Lorenzo Fantini: Sì, evidentemente questo è un tema che interessa tutti quanti e io ho fatto valere le mie conoscenze passate e attuali. Ci siamo confrontati tutti quanti, noi che facciamo sicurezza come operatori e chi fa ancora parte – per usare la terminologia che hai usato tu – del “Palazzo”. Quindi ci siamo confrontati e posso raccontare alcune indiscrezioni.

Pare che il testo che è stato buttato giù dai tecnici delle Regioni abbia dei punti che non sono stati graditi, non tanto al Ministero del Lavoro, ma nel confronto che c’è stato con le Parti sociali. Infatti essendo chiaramente anche una materia molto importante per le aziende e per i lavoratori, il Ministero del Lavoro ha deciso di coinvolgere comunque le Parti sociali, anche se la legge, come procedura, non ne prevede il coinvolgimento.

Quindi questo confronto ha bloccato un po’ il lavoro, perché il lavoro è stato, in qualche modo, oggetto di un confronto che mi risulta essere stato critico. Le Parti sociali hanno espresso una serie di riserve su alcuni punti del documento che, come possiamo capire, è un documento molto lungo. Perché parlare di formazione a 360 gradi in materia di sicurezza, significa accorpare i cinque diversi accordi che ci sono oggi e, in più, chiarire alcuni aspetti che negli anni sono venuti fuori come critici.

punti di contrasto, da quello che mi risulta, sono molti. E ne dico solo alcuni.

Uno è l’identificazione dei soggetti formatori, quindi chi può fare la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Questo è un tema su cui ci sono idee diverse tra coloro che ci stanno lavorando. Le regioni hanno un’idea, le parti sociali mi risulta che ne abbiano un’altra, io ho un’idea personale e non ho problemi poi eventualmente ad esporla.

Altro punto: la quantità di ore del corso di formazione per il datore di lavoro. Su questo tema inevitabilmente ci si dividerà. Perché c’è qualcuno che propone un numero di ore molto elevato e qualcuno che ne propone di meno. Questo per fare un esempio di alcune questioni su cui si sta discutendo.

E le differenze, da quello che mi risulta, sono molto marcate soprattutto tra le Regioni e le Parti sociali. E quando io dico Parti sociali, intendo non soltanto i rappresentanti dei datori di lavoro ma anche i rappresentanti anche dei lavoratori. Quindi mi pare, da quello che ho saputo, che il lavoro che si sta facendo al Ministero del Lavoro abbia evidenziato punti di vista molto diversi soprattutto tra Regioni e Parti sociali.

Quali sono, a tuo parere, le cause che hanno portato al non rispetto della data del 30 giugno? Quanto si dovrà ancora aspettare per arrivare all’Accordo unico? Noi già nel 2016, in precedenti interviste, parlavamo di un atteso accorpamento degli accordi…

L.F.: Sì, è già un progetto vecchio, non è una cosa nuova. Già nel 2015 avevamo già questo problema: non è un problema nuovo, anzi nel tempo è peggiorato perché sono venute fuori altre criticità.

Le ragioni del ritardo?

Secondo me stanno uno nella complessità dell’attività, perché non è una cosa semplice rivedere tutti gli accordi, accorparli. Sicuramente sono partiti in ritardo, le amministrazioni competenti sono partite in ritardo, hanno sottovalutato il lavoro. Quando si è andati a lavorare sono venuti fuori nodi che non sono stati ancora sciolti.

Quindi a mio parere, se vogliamo parlare dal punto di vista pratico, trovo molto difficile che l’accordo esca prima di novembre o dicembre.

Ora, questo ritardo da un punto di vista operativo non è che crea particolari problemi. Perché in mancanza del nuovo accordo – domanda che mi fanno spessissimo le aziende a cui faccio attività di consulenza – noi continuiamo a continuare ad applicare le vecchie regole.

(…)

Secondo me prima di novembre non uscirà un accordo nuovo. La mia aspettativa è questa, poi magari verrò smentito e il Ministero del Lavoro riesce ad accelerare i lavori e a far uscire l’Accordo. Ma ricordo che, da un punto di vista formale il documento deve essere portato in Conferenza Stato-Regioni e approvato dalla Conferenza Stato-Regioni. Quindi occorre un documento tecnico che poi viene portato in Conferenza Stato-Regioni e deve essere approvato in Conferenza. Il Ministero del Lavoro probabilmente farà le sue verifiche interne; quindi anche questo rallenterà inevitabilmente i tempi. Per questo vi ho dato questa stima che, secondo me, è anche ottimistica: potremmo rischiare di andare anche al nuovo anno.

Novità formative: addestramento e formazione del datore di lavoro e del preposto

Al di là del futuro Accordo, il DL 146/2021, come modificato dalla legge di conversione, ha portato diverse novità in materia di formazione, ad esempio per i datori di lavoro e per il preposto. Qual è la tua opinione su queste novità? E quali potrebbero essere le indicazioni che darà l’Accordo unico su questi temi?

L.F.: Per me la cosa più importante che c’è nella legge 215 che ha convertito il decreto-legge 146 in materia di formazione/informazione riguarda l’addestramento. Tu non l’hai citato, invece in realtà c’è un passaggio nella legge, di modifica del D.Lgs. n. 81/2008, secondo me molto importante, che valorizza l’addestramento.

Perché lo dico? Perché chi fa sicurezza sul lavoro sa che il grosso degli infortuni sul lavoro – non è che non ci si infortuni in ufficio, sia chiaro, è possibile infortunarsi anche in ufficio – sta nelle mansioni. E per le mansioni manuali più che la formazione è importante l’addestramento. Quindi la riscrittura dell’articolo 37, comma 5, dell’81 in materia di addestramento, che chiarisce una volta per tutti, a chi non l’avevo capito, che l’addestramento non è la formazione ma si aggiunge alla formazione. Secondo me è la cosa più importante che c’è nella legge 215, se parliamo di educazione del lavoratore, formazione/informazione/addestramento. Poi nella legge 215 ci sono tante cose: la sospensione dell’attività imprenditoriale, c’è la rivisitazione del mitico preposto. (…) Come puoi capire, tutti i clienti con i quali faccio attività di consulenza si sono interrogati sulla rivisitazione della figura del preposto. (…)

Poi ritengo una cosa utilissima l’obbligo formativo a carico del datore di lavoro.

Questo perché ce l’ho con i datori di lavoro? Assolutamente no, proprio perché gli voglio bene, perché un datore di lavoro consapevole dell’importanza del tema della sicurezza è, a mio parere, avvantaggiato. Anzi aggiungo che, personalmente, l’avrei messo già negli accordi del 2011, ma al tempo, quando io lo proposi come Ministero del Lavoro, ho avuto contro tutte le associazioni dei datori di lavoro che mi hanno detto: “è un costo eccessivo, non lo prevediamo, magari in futuro”. Ora quel futuro è arrivato e io sono contento.

Però c’è da capire di quante ore si tratterà.

Questo è un punto importante. La mia personale opinione è che quel corso non debba durare molto. Quello che si deve dire al datore di lavoro non è come fare la sicurezza dal punto di vista tecnico, perché il datore di lavoro è un manager, non è uno specialista di sicurezza, lo specialista di sicurezza si chiama Servizio di Prevenzione e Protezione.

Un buon datore di lavoro è un datore di lavoro che si rivolge al Servizio di Prevenzione e Protezione. Poi abbiamo l’anomalia che il datore di lavoro fa anche l’RSPP e questo io non lo consiglierei a nessuno, sinceramente. O almeno fare l’RSPP facendosi aiutare da una struttura tecnica (…). Perché l’imprenditore, lo dicono anche le direttive comunitarie, è ignorante in materia di sicurezza.

Il corso che si deve fare al datore di lavoro è di tipo culturale. Tutti usano e abusano di questa parola, ma in questo caso ci sta bene. Personalmente farei poche ore, nelle quali si fa comprendere all’imprenditore quanto è importante la prevenzionequando ti costa un infortunio – perché gli imprenditori non sanno che cosa significa avere un infortunio dal punto di vista del costo, non solo dal punto di vista etico – e si parla dei rudimenti sull’assicurazione INAIL e dei rapporti con il Servizio di Prevenzione e Protezione. Per me il corso può finire qui.

Però da quello che ho letto, dalle bozze che stanno girando e dalle indiscrezioni che ho raccolto, le Regioni invece vorrebbe andare in un’altra direzione. Vorrebbero andare nella direzione di un corso che sia dipendente anche della gravità del rischio di impresa. È una scelta diversa, secondo me sbagliata, … Sbagliata perché, se si rende il datore di lavoro tecnico, dovrebbe fare 200 ore di corso di formazione sui vari rischi.

Questa è la mia personale opinione, poche ore ma che siano ore sulla sensibilizzazione del numero uno perché il datore di lavoro è il numero uno della sicurezza in azienda.

Poi sui preposti, e così completo la mia esposizione, sono solo in parte contento di quello che ho letto, perché sono d’accordo che il preposto sia una figura fondamentale in alcune organizzazioni – perché in altre, diciamoci la verità, il valore aggiunto del preposto è limitato. Nelle aziende ad alto rischio o comunque per molte lavorazioni – penso, per esempio, i cantieri dove il tipico preposto è il capocantiere oppure le metalmeccaniche oppure settori in cui ci sono squadre che lavorano assieme e svolgono attività manuali – sicuramente il preposto ha un ruolo fondamentale. Quindi ci sta che faccia un’attività formativa più intensa.

Però, per esempio, io sono molto perplesso sull’obbligo di formazione per preposto biennale per il preposto di ufficio. Cosa gli vai a dire ai preposti di ufficio ogni due anni in sede di aggiornamento?

È una norma tagliata un po’ con l’accetta. Perché rischiamo di fare attività formativa che la legge ti dice che deve essere fatta con cadenza biennale, anche a dei preposti ai quali francamente ogni due anni non sai cosa devi dirgli, perché non c’è nessuna novità rispetto all’organizzazione.

Poi c’è da chiarire (…) che cosa si intende per obbligo di formazione in presenza.

Questo ce lo deve dire l’accordo. Come si legge la norma? La presenza che significa? La presenza fisica o, come io penso, la videoconferenza perché tra gli ultimi sviluppi legislativi (…)  c’è la legge 52 di conversione del decreto legge 24/2022 che all’articolo 9bis ci ha detto che tutti i corsi di formazione, salvo quelli di addestramento, che non si possono fare in videoconferenza, si possono fare in videoconferenza sincrona. Quindi se il legislatore mi dice questo…

Bisogna ricordare che l’accordo che non potrà andare contro la legge. Se lo facesse sarebbe illegittimo, quindi io mi aspetto che l’accordo indichi che il corso di formazione del preposto si intende in presenza quand’è in presenza fisica o in videoconferenza. Questo mi aspetto.

Accordo unico, formazione a distanza e formazione a regola d’arte

Hai anticipato una domanda che volevo farti riguardo alla recente equiparazione tra formazione in sincrono e formazione in presenza connessa alla conversione del decreto-legge 24/2022. Qual è il tuo parere su questa novità?

L.F.: La pandemia ci ha insegnato poche cose positive. Tra queste che la videoconferenza è uno strumento molto utile. In realtà noi lo sapevamo già, ma la nostra pigrizia, lo dico chiaramente, ci ha portato a privilegiare la presenza fisica alla attività in videoconferenza. E non parlo solo di formazione, ma anche di riunioni. A mio parere molte riunioni si possono fare tranquillamente in videoconferenza. (…)

Riguardo alla videoconferenza sincrona, sono d’accordo con il legislatore.

La videoconferenza sincrona per tutte le attività formative di tipo generale e che non richiedono un addestramento fisico, a mio modesto parere, è uno strumento molto importante (…). Una videoconferenza deve essere organizzata bene, progettata in maniera specifica. Il problema è che noi facciamo le videoconferenze come si faceva una volta il corso di formazione in presenza, invece la videoconferenza deve avere una sua progettazione perché è uno strumento diverso, deve essere, diciamo, realizzata in modo efficace.

Io sono un grande fan della videoconferenza: perché mi permette di non spostarmi, mi permette di risparmiare tempo, mi permette di organizzare meglio la mia vita. Ci sono questi aspetti che naturalmente aiutano. Però comunque i contenuti tramite la videoconferenza possono essere tranquillamente trasmessi: sto parlando di formazione parte generale e parte specifica, purché non sia addestramento.

Quindi io francamente vedo molto positiva la circostanza che si sia allargata la possibilità di fare la formazione in materia di sicurezza. A mio parere era possibile anche prima, per ragioni ovvie, e la ragione ovvia è che ciò che non è vietato è consentito; siccome la videoconferenza non era vietata, parlo di videoconferenza sincrona, vuol dire che era consentita. Ma già c’erano organi di vigilanza che la pensavano in modo diverso. Quindi ben venga la legge 52, articolo 9 bis, perché ha chiarito un punto su cui io sono totalmente d’accordo. Perché ritengo la videoconferenza una buona opportunità formativa.

Formazione a distanza in sincrono e formazione a distanza asincrona, la formazione in e-learning. Non c’è la possibilità che la diffusione, a livello normativo, della formazione in sincrono possa arrivare a ridurre gli spazi della formazione asincrona, dimenticando che le due modalità formative hanno potenzialità e caratteristiche diverse?

L.F.: C’è questo rischio, assolutamente sì, ma perché c’è una scarsa conoscenza dei due strumenti, in realtà. Le percentuali di utilizzo della videoconferenza sono ovviamente cresciute nel periodo di Covid, ma erano vicine allo zero. Prima si usava molto di più l’eLearning, quindi la tua domanda è pertinente. Credo che lo spazio che è stato preso dalla videoconferenza sia stato eroso dallo spazio dell’eLearning. (…)

Però io, anche su questo, la penso in modo diverso e voglio essere chiaro.

Dobbiamo evitare gli approcci ideologici, cioè dire che la videoconferenza va bene o l’eLearning va male, oppure, come si diceva una volta, che la FAD (formazione a distanza) non è una modalità corretta di fare formazione.

Questo non è mai un atteggiamento giusto, quello ideologico.

Dovremmo dire la formazione organizzata bene in videoconferenza ben venga, l’eLearning progettato bene, realizzato con piattaforme efficaci, che controlla le persone, con le domande di verifica di apprendimento eccetera, ben venga.

Cioè, molto banalmente, non bisogna pensare sì alla videoconferenza, no all’eLearning, sì l’eLearning, no la videoconferenza. Bisogna dire che la formazione progettata e realizzata bene – se in presenza fisica, se in videoconferenza, se in eLearning, non importa – può essere utilizzata per fare formazione, anche in alcuni casi non l’addestramento.

E aggiungo anche un’altra cosa che dico sempre quando faccio i corsi.

Ma siamo sicuri che tra qualche mese – in videoconferenza sincrona oppure in eLearning – non sia possibile fare anche qualche attività di addestramento? Perché magari già tra qualche mese avremo qualche strumento informatico raffinato di realtà virtuale che riproduce le condizioni di rischio.

Bisogna ragionare, a mio parere, non in termini generali, a tavolino, ma valutando il prodotto videoconferenze, il prodotto eLearning X, se è fatto bene oppure no. Perché se no andiamo per categorie mentali ideologiche, quello va bene, quello va male… (…)

Io ritengo che occorra un approccio pragmatico, cioè il prodotto formativo progettato e realizzato a regola d’arte, può essere sia videoconferenza, sia eLearning e può essere anche in presenza.  (…)

Fonte: PUNTO SICURO