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9 Febbraio 2024

Contratti a termine: dal 1° maggio sarà più difficile assumere

Il prossimo 30 aprile scadrà la nuova causale prevista dall’art. 24, del decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023, convertito con modificazioni dalla legge n. 85/2023).

Si tratta della norma che dispone che in assenza di causali previste dalla contrattazione collettiva, applicata in azienda, le parti (datore di lavoro e lavoratore) possano individuare specifiche esigenze, di natura tecnica, organizzativa o produttiva, che andrebbero a rappresentare la motivazione idonea per l’avvio di un contratto a tempo determinato.

Ma prima di capire le ripercussioni legate alla scadenza della disposizione, ricapitoliamo la situazione relativa agli obblighi, previsti in capo al datore di lavoro, di indicare una causale nei contratti a termine.

È obbligatorio indicare una causale all’avvio di un rapporto di lavoro a tempo determinato, nei seguenti casi:

– stipula del primo contratto a tempo determinato o della somministrazione a termine, tra le parti, superiore a 12 mesi;

– al superamento dei 12 mesi anche con più contratti a tempo determinato e in somministrazione a termine.

Da tale obbligo sono esclusi i contratti a termine stagionali.

Queste le tipologie di causale, in vigore ad oggi:

a) per la sostituzione di altri lavoratori assenti con il diritto alla conservazione del posto di lavoro.

b) nei casi previsti dai contratti collettivi (nazionali, territoriali e aziendali) applicati al rapporto di lavoro.

Qualora la contrattazione collettiva non abbia disciplinato casistiche di impiego dei lavoratori a termine, le parti possono individuare “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva” da prevedere all’interno del contratto individuale di lavoro. Tale causale è operativa sino al 30 aprile 2024.

Sta a significare che è possibile, entro tale ultima data, apporre una esigenza individuata tra le parti, a contratti a termine che potranno scadere anche oltre tale data. Viceversa, le parti non potranno prevedere proprie causali qualora la contrattazione collettiva abbia disciplinano le giustificazioni da indicare nel contratto a termine, indipendentemente dalla loro applicazione alla concreta casistica aziendale.

Quest’ultima macro-causale (esigenze individuate tra le parti) era stata prevista per dare il tempo alla contrattazione collettiva, di qualsiasi livello, di disporre motivazioni da utilizzare al bisogno. Purtroppo, nei 9 mesi di vigenza della norma (operativa dal 5 maggio 2023) non sono molti i contratti collettivi che hanno recepito il messaggio ed implementato specifiche causali per l’utilizzo dei contratti a tempo determinato.

Dal 30 aprile, nel caso in cui il legislatore non intervenga a prorogare la norma ovvero a riformare totalmente le causali (la cosa che sinceramente mi auspico), nelle aziende ove sono applicati contratti collettivi che non hanno disciplinato proprie causali, non sarà più possibile disporre, all’interno del contratto individuale, una motivazione legata alle proprie esigenze, valutate di volta in volta, e legittimanti l’assunzione di lavoratori a termine.

Ciò porterà a limitare l’accesso in azienda, con tale tipologia contrattuale, solo qualora la motivazione sia di natura sostitutiva, ovvero qualora la durata massima non sia superiore ai 12 mesi, cumulando anche i precedenti rapporti a termine svolti dallo stesso lavoratore per mansioni di pari livello e categoria legale a quelle che stiamo contrattualizzando.

In definitiva, il lavoratore potrà operare con tale tipologia contrattuale “a tempo” solo per 12 mesi (nell’intera vita lavorativa con quel determinato lavoratore) ovvero potrà superare detto tetto se la motivazione addotta dall’azienda sarà quella di natura sostitutiva.

Qualora si dovessero superare i 12 mesi di rapporto a termine (anche con più contratti di lavoro) senza indicare una causale, la sanzione stabilita dal legislatore è la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.

Rimane inalterata la possibilità, per il datore di lavoro, in condivisione con le rappresentanze sindacali presenti in azienda, di predisporre un accordo di secondo livello che vada ad identificare le possibili motivazioni all’assunzione di lavoratori a tempo determinato. Si tratta di un ordinario accordo aziendale stipulato con la RSU o le RSA, facenti parte dei sindacati comparativamente più rappresentativi in ambito nazionale. Nell’accordo dovranno essere identificate le motivazioni che possono abilitare il datore di lavoro a stipulare contratti a termine oltre i 12 mesi.

Fonte: Ipsoa.it