A partire dal 3 marzo 2024, per effetto dell’art. 29 del decreto PNRR (D.L. n. 19/2024), cambia uno dei requisiti fondamentali, sempre richiesto dall’INPS, per la fruizione degli incentivi (“rectius” degli sgravi contributivi) correlati alle assunzioni agevolate.
E’ il comma 1175 dell’art. 1, della legge n. 296/2006 che cambia (e ad esso, come vedremo, si aggiunge un nuovo comma il 1175-bis il cui obiettivo è quello di premiare chi si ravvede).
Ora, il riconoscimento dei benefici contributivi e normativi è subordinato:
a) al possesso del DURC che, per i datori di lavoro interessati, dal 1° gennaio 2022 comprende anche il versamento della aliquota di contribuzione ai Fondi di solidarietà bilaterale, a quelli alternativi ed a quelli intersettoriali delle Province Autonome di Trento e Bolzano, come previsto dall’art. 40-bis del D.L.vo n. 148/2015;
b) all’assenza di violazioni delle disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale, ivi comprese le violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro, nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro individuate con D.M. del Ministro del Lavoro (presumibilmente, in tale elencazione, che si prevede abbastanza corposa, rientreranno anche le violazioni già indicate nell’Allegato al primo Decreto sul DURC), fermi restando gli altri obblighi di legge;
c) al rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonchè di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Ovviamente, allorquando si parla di accordi a livello aziendale ci si deve riferire a quelli stipulati dalle “loro” RSA o dalla RSU, come previsto dall’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015.
Il successivo comma 1175-bis apre, invece, al perdono nei confronti di chi ha chiesto i benefici ma che, in sede di controllo da parte degli organi di vigilanza è stato “pizzicato” per inottemperanza a determinate disposizioni.
Orbene, la norma si riferisce a due ipotesi.
La prima fa riferimento a chi ha regolarizzato la posizione contributiva ed assicurativa e le violazioni accertate in materia di lavoro e sicurezza, entro i termini indicati dagli organi di vigilanza sulla base delle precise indicazioni legislative. Di conseguenza, l’ottemperanza alle disposizioni ed il pagamento di quanto dovuto, non bloccano la fruizione dei benefici (ovviamente, nel rispetto anche delle altre condizioni, specifiche, previste dalla norma e dalle altre indicazioni amministrative che la disciplinano).
La seconda, invece, riguarda le violazioni amministrative che non possono essere oggetto di regolarizzazione (ad esempio, la maxi sanzione per l’impiego di minori o extra comunitari privi del permesso di soggiorno, alcune sanzioni, non diffidabili in materia di orario di lavoro): ricorrendo tale ipotesi il recupero dei benefici erogati dall’Istituto od altro Ente non può essere superiore al doppio dell’importo sanzionatorio oggetto di verbalizzazione.
L’art. 31 del D.L.vo n. 81/2015 è, invece, rimasto identico. Quindi, ai fini di una completa informazione sui requisiti generali, presenti in ogni tipo di agevolazione, l’incentivo non spetta se:
a) se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo (anche di secondo livello), pure nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione venga utilizzato attraverso un contratto di somministrazione;
b) se l’assunzione viola un diritto di precedenza previsto dalla legge o dal contratto collettivo (si pensi, ad esempio, al diritto di precedenza esternato per iscritto ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015 da un lavoratore con precedente contratto a tempo determinato, o a un lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo nei sei mesi precedenti secondo la previsione dell’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, o ad un lavoratore non transitato a seguito di cessione di azienda presso il nuovo datore, il quale per dodici mesi è titolare di tale diritto, come ricorda l’art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990);
c) se presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contatto di somministrazione siano in atto sospensioni per crisi o riorganizzazione aziendale (il richiamo sembra riferirsi ad alcune ipotesi previste per l’intervento degli ammortizzatori sociali straordinari) a meno che l’assunzione programmata non sia per un livello completamente diverso da quello dei lavoratori in integrazione salariale o sia destinato a prestare attività in una unità produttiva diversa da quella interessata alla sospensione;
d) se il lavoratore che è stato assunto risulta essere stato licenziato nei sei mesi precedenti da un altro datore di lavoro che, al momento del recesso, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del nuovo datore anche se il rapporto sia stato instaurato con un contratto di somministrazione. L’incentivo non spetta neanche nella ipotesi in cui tra i due datori risulti un rapporto di collegamento o di controllo. Sono questi ultimi i casi che ricorrono ai sensi dell’art. 2359 c.c. o allorquando il rapporto tra le due imprese, facenti capo allo stesso soggetto, avvenga per interposta persona.
Vale, infine, la pena di ricordare che:
a) nel contratto di somministrazione i benefici economici correlati all’assunzione o alla trasformazione del rapporto, vengono trasferiti all’utilizzatore e, qualora gli stessi rientrino nel “de minimis”, vengono calcolati su quest’ultimo. Ricordo che la normativa sul “de minimis” è regolamentata dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2030 dal Regolamento n. 2023/2831 che, nella gran parte delle aziende interessate ha elevato il tetto degli aiuti a 300.000 euro calcolati su tre esercizi finanziari: essi vanno computati “a ritroso” come avviene, ad esempio, per il calcolo delle integrazioni salariali ordinarie;
b) nei casi in cui venga richiesto un incremento occupazionale, il calcolo va fatto mensilmente, utilizzando anche il criterio della “impresa unica”, già richiamato dal Regolamento n. 1408/2013, escludendo dal computo della base occupazionale i lavoratori dimissionari, quelli che sono andati in pensione per raggiunti limiti di età, i licenziati per giusta causa e la casistica legata alla riduzione volontaria dell’orario di lavoro (art. 8, comma 2, del D.L.vo n. 81/2015).
Fonte: Ipsoa.it