La Legge 5 marzo 1963, n. 292 ha introdotto in Italia l’obbligo della vaccinazione antitetanica per alcune categorie professionali considerate a rischio. Tra queste figurano i lavoratori agricoli e gli allevatori, soggetti più esposti al contatto con terreni, animali e materiali potenzialmente infetti.
Negli anni, tuttavia, sono sorti dubbi interpretativi, soprattutto per le aziende che operano in settori misti, come quello agroalimentare o zootecnico, dove non tutti i reparti presentano lo stesso livello di rischio biologico.
Un recente parere legale dell’AIAS (Associazione Italiana Ambiente e Sicurezza) ha chiarito che l’obbligo vaccinale non dipende dal contratto di lavoro, ma dalla presenza effettiva del rischio di esposizione.
Cos’è il tetano e perché è pericoloso
Il tetano è una malattia infettiva acuta e grave, causata dal batterio Clostridium tetani, produttore di una tossina che attacca il sistema nervoso centrale, provocando spasmi e rigidità muscolare fino all’arresto respiratorio nei casi più severi.
Il batterio è molto resistente e si trova comunemente nel terreno, nella polvere, nelle deiezioni animali e su oggetti arrugginiti o contaminati. L’infezione si verifica quando le spore entrano nell’organismo attraverso ferite, tagli o abrasioni, anche di piccola entità.
Non si trasmette da persona a persona, ma rappresenta un pericolo concreto in tutte le attività lavorative dove vi sia rischio di contatto con materiale biologico o terreno contaminato.
Attività lavorative a rischio
Oltre ai lavoratori agricoli e zootecnici, considerati a rischio diretto, vi sono numerose categorie professionali che possono essere esposte al batterio del tetano, tra cui:
- Addetti alla macellazione e lavorazione delle carni;
- Operatori dei servizi di igiene urbana e gestione rifiuti;
- Manutentori, operai edili, metalmeccanici e carpentieri;
- Giardinieri, agronomi e florovivaisti;
- Addetti a scavi, movimentazione terra e lavori in ambienti contaminati;
- Operatori ecologici e del trattamento dei rifiuti organici.
In tutti questi casi, la vaccinazione antitetanica è considerata una misura di profilassi fondamentale per la protezione della salute dei lavoratori.
Il quadro normativo
Oltre alla Legge 292/1963, il D. Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza) impone al datore di lavoro di:
- Valutare il rischio biologico (art. 28);
- Individuare e adottare misure di prevenzione e protezione adeguate;
- Rendere disponibile la vaccinazione ai lavoratori non immunizzati (art. 279), su parere del medico competente;
- Verificare e documentare lo stato vaccinale dei lavoratori esposti.
Il medico competente svolge un ruolo chiave: valuta la presenza del rischio, propone la vaccinazione, informa i lavoratori sulle implicazioni sanitarie e registra le adesioni o i rifiuti, nel rispetto del consenso informato.
Applicazione pratica: il caso degli stabilimenti di macellazione
Nel caso analizzato da AIAS, un’azienda con contratto agricolo chiedeva se la vaccinazione antitetanica dovesse essere estesa a tutto il personale, anche a chi lavora in fasi successive alla macellazione (sezionamento, confezionamento, stoccaggio).
La risposta è stata chiara:
- Obbligo vaccinale per chi è a contatto con animali vivi o materiali biologici potenzialmente infetti;
- Assenza di obbligo per chi lavora in reparti dove non sussiste tale rischio.
In altre parole, la valutazione del rischio biologico prevale sulla tipologia contrattuale.
Il datore di lavoro deve quindi analizzare attentamente l’organizzazione aziendale e differenziare gli obblighi in base ai reparti e alle mansioni.
Cosa succede se il lavoratore rifiuta la vaccinazione
La vaccinazione antitetanica, pur essendo obbligatoria per determinate categorie, non può essere imposta con la forza fisica, ma deve essere offerta e documentata dal datore di lavoro, che resta comunque garante della sicurezza.
In caso di rifiuto:
- il medico competente valuta la compatibilità del lavoratore con la mansione;
- può esprimere un giudizio di idoneità con prescrizioni o limitazioni, se il rischio è parziale e gestibile con altre misure di prevenzione;
- oppure un giudizio di inidoneità temporanea o permanente, se il rischio non può essere eliminato o ridotto.
A fronte del giudizio medico:
- il datore di lavoro può ricollocare il lavoratore in mansioni prive di rischio biologico;
- se ciò non è possibile, può adottare i provvedimenti previsti dal contratto, inclusa la sospensione o risoluzione del rapporto di lavoro, nel rispetto della normativa vigente.
È bene ricordare che il rifiuto della vaccinazione non esonera il datore di lavoro dalle proprie responsabilità: egli deve sempre dimostrare di aver informato il lavoratore, offerto la vaccinazione e documentato l’intero processo.
Obbligo di controllo e scadenziario delle vaccinazioni
Il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente, ha anche l’obbligo di verificare la validità e l’aggiornamento delle vaccinazioni antitetaniche dei lavoratori esposti.
Secondo l’art. 279, comma 1, del D. Lgs. 81/2008, in caso di rischio di esposizione ad agenti biologici per i quali esiste un vaccino efficace, il datore di lavoro — su parere del medico competente — è tenuto a renderlo disponibile e a garantirne il richiamo periodico.
Il medico competente, nell’ambito della sorveglianza sanitaria (artt. 25 e 41 del D. Lgs. 81/2008), deve quindi:
- verificare la copertura vaccinale dei lavoratori;
- mantenere un registro sanitario e di rischio aggiornato;
- segnalare le scadenze dei richiami e programmare gli aggiornamenti vaccinali.
Il datore di lavoro, dal canto suo, deve:
- collaborare con il medico competente nella creazione di uno scadenziario delle vaccinazioni;
- assicurarsi che i richiami vengano effettuati nei tempi indicati (in genere ogni 10 anni, secondo le raccomandazioni sanitarie);
- conservare la documentazione relativa alle vaccinazioni come parte integrante della valutazione del rischio biologico e della sorveglianza sanitaria.
In sintesi, la legge impone un obbligo di organizzazione e controllo, non solo di offerta.
Non basta proporre la vaccinazione una tantum: è necessario gestire nel tempo la protezione sanitaria dei lavoratori, monitorando scadenze e aggiornamenti vaccinali.
Conclusioni
La vaccinazione antitetanica è una misura di prevenzione concreta e obbligatoria nei casi di esposizione a rischio biologico.
Il datore di lavoro, insieme al medico competente, deve:
- Valutare il rischio e aggiornarlo nel DVR;
- Offrire la vaccinazione ai lavoratori esposti e gestire i richiami;
- Creare uno scadenziario vaccinale e mantenerlo aggiornato;
- Gestire correttamente i casi di rifiuto attraverso i giudizi di idoneità;
- Conservare la documentazione come prova dell’adempimento degli obblighi.
In sintesi: la vaccinazione antitetanica è parte integrante della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Una gestione attenta e documentata delle vaccinazioni tutela sia i lavoratori che il datore di lavoro da rischi sanitari e responsabilità legali.
Fonte: AIAS-sicurezza.it

