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12 Settembre 2025

NASpI con assunzioni fittizie: la Cassazione conferma, è truffa aggravata

Falsi rapporti di lavoro per ottenere l’indennità di disoccupazione: condanna penale per imprenditore e collaboratori

Un recente intervento della Corte di Cassazione (sentenza n. 30485 del 10 settembre 2025) chiarisce definitivamente la linea giurisprudenziale: chi simula rapporti di lavoro al solo scopo di far ottenere la NASpI a soggetti non realmente occupati, commette reato di truffa aggravata ai danni dello Stato.

Una condotta grave, che non rientra nella più lieve ipotesi di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Di fatto, si tratta di una truffa aggravata ai sensi dell’art. 640 del Codice penale, punita con pene molto più severe.

Il caso: assunzioni simulate per attivare la NASpI

Nel caso esaminato, l’amministratore di fatto di alcune società aveva denunciato falsamente la costituzione di rapporti di lavoro inesistenti, così da far risultare formalmente assunti alcuni soggetti. Dopo pochi mesi, tali soggetti risultavano “licenziati” e quindi teoricamente in possesso dei requisiti per ottenere la NASpI, ossia l’indennità di disoccupazione.

Il sistema era organizzato con cura: i dati venivano inseriti correttamente nei flussi UniEmens, così da creare una parvenza di regolarità contributiva e rendere più difficile la verifica da parte dell’INPS.

 Il ricorso in Cassazione: tentativo di derubricazione

L’imputato ha tentato di difendersi in Cassazione sostenendo che la condotta avrebbe dovuto rientrare nella più lieve fattispecie dell’art. 316-ter c.p. (indebita percezione), e non nella truffa aggravata.

Ma la Corte ha respinto con fermezza la tesi difensiva.

 La decisione della Corte: è truffa aggravata

Secondo la Suprema Corte:

“La creazione di rapporti di lavoro fittizi mediante artifici e raggiri, finalizzata a far ottenere prestazioni economiche non dovute (come la NASpI), configura il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato.”

Nel caso esaminato, non si trattava di un semplice errore o di un’irregolarità formale: il comportamento era preordinato e articolato, volto a ingannare l’INPS attraverso un meccanismo fraudolento complesso, comprendente anche la compensazione indebita di crediti contributivi inesistenti.

I requisiti veri per accedere alla NASpI

La Cassazione ha anche ribadito che l’accesso alla NASpI è subordinato a precisi requisiti oggettivi e soggettivi, tra cui:

  • Stato di disoccupazione involontaria;
  • Contribuzione di almeno 13 settimane nei 4 anni precedenti;
  • 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti la cessazione.

 Questi dati sono verificati direttamente dall’INPS, che li riceve dai flussi comunicativi obbligatori (assunzioni, cessazioni, contributi, ecc.). In caso di comunicazioni false o simulate, l’Ente viene indotto in errore già nella fase istruttoria, compromettendo la legittimità della prestazione.

Ecco come rileva la truffa l’INPS

L’Istituto non si limita ad accettare le dichiarazioni dell’interessato. Al contrario, verifica la congruità e la coerenza dei dati contributivi con le informazioni presenti nelle sue banche dati.

In questo caso, il sistema fraudolento era stato progettato proprio per anticipare e ingannare questi controlli, inserendo dati apparentemente corretti ma riferiti a rapporti mai esistiti.

Inoltre, la falsificazione preventiva dei dati rendeva più difficile accertare a posteriori l’inesistenza del rapporto di lavoro, aggravando la posizione dell’imputato.

Truffa vs indebita percezione: la differenza conta

Un aspetto centrale della sentenza è il richiamo alla natura “residuale” dell’art. 316-ter c.p., ovvero:

“Il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche si applica solo in assenza di artifici e raggiri. Se questi sono presenti, prevale il reato di truffa aggravata.”

Questo principio è stato ribadito anche dalla sentenza a Sezioni Unite n. 11969/2025, che ha stabilito che l’art. 316-ter ha una funzione sussidiaria, destinata ai casi meno gravi in cui l’errore dell’amministrazione pubblica è avvenuto senza essere indotta con l’inganno.

Conclusione: attenzione ai rischi penali e previdenziali

Il caso offre un importante monito per datori di lavoro, consulenti e studi professionali: ogni pratica finalizzata all’ottenimento indebito di prestazioni previdenziali può generare gravi responsabilità penali, anche in presenza di documentazione apparentemente regolare.

Simulare assunzioni o rapporti di lavoro per agevolare l’accesso alla NASpI è una condotta penalmente rilevante, non solo sul piano civilistico o amministrativo.